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New
York
City Metropolitan
Museum ore
11:55 P.M.
Il silenzio e l’oscurità dominavano le sale del museo. La rampa di scale, che
portava alle sale egizie, era fievolmente illuminata. Le statue di Sekmet, Amon
e delle altre divinità, scrutavano nel buio le spoglie di coloro che avevano
fatto la storia del più grande impero di tutti i tempi.
In sarcofagi di pietra millenaria, avvolti in bende di lino ingiallito, corpi
inermi riposavano attendendo…
La sirena d’allarme scattò.
I guardiani del Metropolitan si precipitarono nelle sale egizie e, poco dopo,
scoppiarono a ridere sonoramente.
“Allora, cosa ha fatto scattare l’allarme?” chiese, attraverso la
ricetrasmittente, un sorvegliante dalla sala controllo.
“Un gatto, Tom. E’ solo un gatto”, lo informò uno dei guardiani riponendo
il trasmettitore e prendendo l’animale in braccio.
Le telecamere confermarono che tutto era in ordine e l’allarme fu reinserito.
“Ehi!” esclamò improvvisamente l’operatore della sala controllo,
“cos’è quello?” domandò al collega al suo fianco.
I monitor persero contemporaneamente la ricezione, le luci si spensero e tutti i
sorveglianti caddero in letargia. ENNEADE New
York City una
settimana dopo ore
10:12 A.M.
“Ti prego, Mulder, dimmi che è uno scherzo”, esordì Scully richiudendo un fascicolo denominato ‘File X-2378 E’. Mulder non la degnava di uno sguardo, intento com’era a districarsi nel traffico di New York. E poi, perché guardarla? Sapeva già qual era l’espressione sul volto della sua collega. La conosceva bene. La ‘scettica’ Scully aveva sicuramente il sopracciglio alzato e l’espressione sconsolata.
Scully abbassò lo sguardo sul fascicolo e scosse il capo. Conosceva i voli
pindarici di Mulder. Ormai era abituata. O doveva esserlo, ma… Ma questa volta
sembrava aver superato i limiti del credibile.
“Mulder… Dimmi che non credi minimamente che una mummia di 3000 anni si
aggiri per New York ammazzando la gente…” disse sospirando.
“Certo che no!” rispose serio Mulder, frenando improvvisamente ad un
semaforo rosso.
“Allora c’è speranza!” esclamò Scully fissandolo.
Mulder le sorrise soffermandosi sull’azzurro dei suoi occhi. “Io credo che
ci sia qualcuno che voglia far resuscitare una mummia”, affermò placido.
Scully abbassò il capo sconfitta e bisbigliò: “Non c’è speranza!”
“Ammetterai anche tu, Scully, che è alquanto strano che questa serie di
omicidi sia cominciata subito dopo il furto al Metropolitan.”
“Ma come puoi fare un collegamento?”
“Una mummia, un papiro magico ed un pugnale celebrativo… Cosa ti
dice?” insisté Mulder.
“Che il ladro è un feticista?” disse scherzosa.
Il semaforo era ormai verde, ma Mulder era intento a scrutare la sua collega
tentando di far valere la sua teoria. Dopo qualche secondo, la fila dietro la
loro auto cominciò a far risuonare i claxon per tutta la 5^ strada, facendoli
trasalire. Metropolitan
Museum
“La dottoressa Antony, suppongo?” esordì Mulder tendendole la mano,
“Agente Mulder e lei è l’agente Scully.”
“Lieta di conoscervi”, affermò stringendo prima l’una e, poi, l’altra
mano. “Prego! Andiamo nel mio studio”, li esortò facendo strada.
Lo studio della dottoressa Clem Antony era accanto alla biblioteca del museo,
due piani sopra le sale egizie. A Scully sembrò un magazzino polveroso ed in
disordine, benché la scrivania fosse perfettamente organizzata e pulita.
Mulder non perse tempo in giri di parole o frasi convenzionali, chiedendo
direttamente alla dottoressa se avesse qualche idea riguardo al furto.
“Si tratta sicuramente di trafficanti d’arte”, rispose la dottoressa.
“Come può esserne così certa?” le domandò Scully incuriosita da tanta
sicurezza.
“Vede… in questo museo ci sono opere che valgono milioni, non solo al
mercato nero… Qui sono stati rubati degli oggetti ben precisi…”
“Un furto su commissione?” la interruppe Mulder.
“Esatto!… Oggigiorno, nessuno rischia un furto in un museo. La vendita
potrebbe essere difficile… Oggetti importanti, o troppo pubblicizzati,
finirebbero con il restare nelle mani dei ladri.”
“E’ possibile che chi ha commissionato il furto non sia un collezionista, ma
un esaltato?” domandò Mulder.
“Esaltato?!” ripeté la dottoressa sgranando gli occhi attonita. “In che
senso?”
“Ciò che il mio collega vorrebbe sapere è se il furto può essere opera di
una setta decisa a ripristinare, per così dire, culti egizi”, spiegò Scully
scrutando la sua interlocutrice.
“No…” disse esitando. “Lo escludo.” “Ha letto dei cosiddetti ‘omicidi sacri’?” domandò ancora Mulder. “Sì”, rispose schietta e, folgorata da un’intuizione, aggiunse: “Non crederà che ci sia un collegamento, vero?”
“E’ quello che penso”, confermò Mulder. “Cosa può dirmi del papiro
magico rubato?”
“Cosa vuole che le dica?… Come già è stato detto all’epoca del furto, è
un papiro magico risalente al Primo Periodo Intermedio…”
“Per noi profani?” chiese Scully.
“Tra il 2190 ed il 2050 a.C.”, specificò la dottoressa Antony.
“Mentre la mummia era più recente, giusto?” intervenne Mulder come uno
scolaretto che avesse imparato la lezione.
“Esatto, era della XIX dinastia. L’analisi al carbonio 14 ha fornito una
datazione di + 1150 a.C.”, spiegò.
“Ed il pugnale?” s’informò Scully.
“Era tra gli oggetti appartenuti al defunto Ptah-seth-ka… La mummia, per
intenderci”, specificò Clem Antony.
“Avete trovato delle suppellettili? Credevo fosse impossibile…” si affrettò
a dire Scully come per coglierla in fallo.
“E’ raro, sì… ma non impossibile”, rispose la dottoressa.
“Ptah-seth-ka era un sacerdote di Seth e la sua tomba è stata rinvenuta nei
pressi di Abido… In genere le tombe depredate sono quelle dei faraoni…”
“Una tomba è sempre una tomba”, azzardò Mulder.
“E’ vero, attira sempre l’interesse dei trafficanti, ma quella del
sacerdote Ptah-seth-ka non è stata trovata in una necropoli e, in ogni caso, la
sua scoperta non è recente.”
“E dove?” insisté Scully, stufa della centellinata collaborazione.
“Accanto al complesso templare di Abido… E’ a nord di Luxor, a qualche
chilometro dal Nilo verso ovest”, spiegò prendendo una cartina geografica per
mostrare agli agenti l’ubicazione.
Benché, sia Mulder che Scully, non fossero soddisfatti del colloquio con la
dottoressa Clem Antony, dovettero concludere l’incontro.
“Ora ho degli impegni, ma sarò a vostra disposizione”, disse congedandoli. New York Luogo
sconosciuto ore
11:53 P.M.
Sacerdoti incappucciati si aggiravano tra colonne scolpite e colorate. Le fiaccole ed i lumini scintillavano al passaggio dei seguaci di Seth creando giochi di luce ed ombre come in un antico teatrino cinese.
La grande sacerdotessa, con in capo la divina corona di Nefty, allargò le
braccia invocando, ai piedi della statua di Seth, le forze soprannaturali e
divine della grande Enneade: “… Non ti ha dato Atum a Horus, egli non ha
contato il tuo cuore, egli non si è impadronito del tuo cuore… Osiride, tu
non hai potere su di lui! Horus, tu non hai potere su di lui! Non ha potere suo
padre su di lui.” New
York City Sun
Motel ore
1:22 A.M.
Scully bussò alla porta della stanza del collega.
Mulder l’accolse senza molto stupore. Era ancora vestito e il suo aspetto era
fresco e pimpante come se avesse riposato dodici ore.
“Scusa per l’ora tarda”, esordì Scully sedendosi sul letto. “Non credi
che ci sia qualcosa di strano in questa storia?”
Mulder la guardò come fosse un’aliena. “E’ quello che ho cercato di dirti
io…”
“Sii serio, Mulder!… Mi riferisco all’egittologa. Non credi che possa
avere a che fare con il furto?”
“Credi che sia complice di qualche trafficante?” azzardò Mulder.
“Certo! Aveva l’occasione e la possibilità…”
“E il movente?” chiese Mulder.
“I soldi, è chiaro… Lo ha detto anche lei che ci sono pezzi di enorme
valore.”
“E se fosse, invece, implicata negli omicidi?”
“Mulder!” sospirò Scully alzandosi dal letto e cominciando a camminare per
la stanza. “Io credo che il furto e gli omicidi siano due cose distinte.”
“Io, no… Ma come te, credo che l’egittologa abbia a che fare con questa
storia, quindi suggerirei di sorvegliarla.”
“D’accordo!” affermò Scully. New
York City Residenza
del sig. Brockowich ore
9:03 A.M.
Il corpo esanime, e privo del cuore, di Timoty Brockowich giaceva compostamente su di un basso tavolo del soggiorno. Gli uomini della scientifica si aggiravano scrupolosi per le stanze dell’abitazione, una tipica villetta su due piani alla periferia della Grande Mela.
Mulder e Scully entrarono accolti da un agente con indosso una cerata
dell’FBI, che diede loro le prime indicazioni: “La vittima era un agente
assicurativo. 45 anni, scapolo. In casa non vi sono segni di effrazione, né
tracce di sangue o di colluttazione. Deve essere stato ucciso altrove e poi
portato qui… come per gli altri sei.” Guardò Mulder ed aggiunse, “Mancano
anche l’arma e… il cuore”, concluse.
Mulder si voltò verso la sua collega attendendo una qualche reazione, ma Scully
era già intenta ad analizzare il corpo di Brockowich.
Le si avvicinò. “Allora?” chiese Mulder incuriosito.
“Deve trattarsi di una mummia laureata in medicina”, esordì sorridendo.
“Ha estratto il cuore con molta precisione.”
“I sacerdoti egizi erano anche medici”, insisté Mulder.
Scully ignorò il collega cercando altri indizi. Qualcosa che dimostrasse che
non vi fosse nessuna mummia in vacanza a New York. New
York City Eagle
Palace ore
8:32 P.M.
Scully aprì lo sportello dell’auto e vi entrò porgendo un sacchetto a Mulder.
“La mia cena?” chiese osservando la smorfietta sul volto di Scully che
annuiva. “E cosa mi dici del nostro signor Brockowich?”
“E’ stato narcotizzato prima che gli fosse estratto il cuore”, spiegò
Scully al suo collega intento a addentare il panino che gli aveva portato.
“Vuoi dire che era vivo quando la mummia ha inciso il corpo?”
“Mulder!” lo riprese. “Dubito che una mummia sappia usare una siringa, per
quanto in vita possa essere stata un medico… Comunque, per rispondere alla tua
domanda, sì. Era ancora vivo.”
“Convieni con me che qualcuno pratica riti egizi?”
“Non ho idea di che tipo di riti si possa trattare, ma dubito sia per
riportare in vita una mummia.”
“Bah! Allora perché…”
“Mulder”, lo interruppe Scully. “Hai notato che è già il terzo arabo ad
entrare nel palazzo da quando sono arrivata?”
“Ed altri ne sono entrati prima del tuo arrivo. Anch’io l’ho trovato
strano, ma è possibile che vi sia una festa o che abitino qui”, ironizzò
Mulder.
“Potrebbe esserci un incontro dalla dottoressa Antony?” azzardò Scully.
“Forse dovrei dare un’occhiata.” E così dicendo, le mise in mano il
sacchetto della cena e si diresse al portone. Scully rimase allibita e
contrariata per il modo in cui Mulder l’aveva piantata in auto.
Mulder percorse quasi furtivamente il corridoio che portava dall’ascensore
all’appartamento dell’egittologa. Si fermò guardandosi attorno, poi appoggiò
l’orecchio alla porta per origliare. Dall’interno non giungeva nessun suono,
né voce, né rumore di alcun genere. Suonò il campanello ed attese. ore
10:57 P.M.
Era
da tempo che Scully continuava a ripetersi: “Altri cinque minuti e poi
salgo”, ma non si decideva a farlo. Quando, in fine, notò l’ora sul display
dell’auto, afferrò le chiavi dal cruscotto e si diresse al palazzo di fronte.
Il corridoio era deserto e silenzioso. Percorse lo stesso tragitto del suo
collega, fermandosi davanti alla porta dell’appartamento n°9. Suonò senza
esitazione.
La dottoressa Antony si fece aspettare prima di aprire la porta presentandosi in
babydoll.
“Mi scusi”, esordì Scully. “Cercavo…” s’interruppe stupefatta
vedendo apparire Mulder alle spalle dell’egittologa.
Mulder non sembrò imbarazzato, nonostante fosse semivestito, spettinato ed
assonnato. Seguì Scully in deferente silenzio. Dal canto suo, Scully non lo
degnava di uno sguardo, era comprensibilmente indignata dal comportamento così
poco professionale del suo collega. Si sarebbe aspettata di tutto da Mulder, ma
questo era veramente eccessivo. New
York City Sun
Motel ore
7:32 A.M.
Mulder
si avvicinò al tavolo di Scully e le sedette di fronte. “Io torno a Washington”, lo informò atona.
“Non so cosa sia accaduto, Scully”, esordì Mulder tentando di
giustificarsi.
Scully sollevò lo sguardo. “Ti hanno drogato”, affermò addolcendo il tono.
“Chi?” chiese confuso Mulder.
“La dottoressa e i suoi amici arabi.”
“Non so… non ricordo vi fosse qualcun altro… A dire il vero, non ricordo
nulla dal momento in cui ho suonato il campanello.”
“E’ chiaro che non ricordi, ma sono certa di quel che dico. Le tue pupille
erano dilatate e nell’appartamento c’era un forte odore di…”
“Erba?” l’anticipò Mulder.
Scully sorrise. “Cosa pensi di fare? Ormai è chiaro che la dottoressa Antony
nasconde qualcosa.”
“Non saprei. Tu perché torni a Washington?” chiese fissandola intensamente.
“Voglio fare delle ricerche presso la biblioteca della Georgetown
University”, tagliò corto.
“Anche qui hanno una biblioteca.” “All’università conosco il professor Wallis Allen, un esperto di egittologia. Credo mi sarà più utile di quanto non lo sia stata la dottoressa Antony sinora”, concluse Scully terminando la sua colazione. Mentre tra i due scese il silenzio, il cellulare di Mulder suonò. “Mulder”, rispose. “Sì, certo… Dove ha detto?… Arriviamo.” Chiuse lo sportellino del cellulare ed osservò Scully. “C’è stata un’altra vittima.”
“Partirò dopo l’autopsia”, dichiarò sconfortata, “del resto, otto è
il mio numero fortunato.” New
York City Distaccamento
del FBI ore
10:32 A.M.
Scully uscì dalla sala dell’autopsia togliendosi la mascherina dal viso.
Mulder si alzò dal divanetto andandole incontro.
“Stesso sistema. E’ stato narcotizzato e privato del cuore”, asserì
Scully visibilmente provata.
“Questo scagiona la dottoressa. Era con me, ricordi?”
“A dire il vero”, esordì Scully incamminandosi verso lo spogliatoio, “tu
non puoi confermarlo. Sei stato drogato, rammenti?”
“Ma tu eri di guardia, l’avresti vista uscire”, insisté Mulder.
“Certo, come ho visto uscire i suoi amici arabi!” rispose, infastidita
dall’improvviso atteggiamento di Mulder in difesa dell’egittologa.
“Non li hai visti, semplicemente perché dovevano essere in un altro
appartamento”, si ostinò a sostenere Mulder.
“Davvero?” lo sfidò Scully aprendo la porta dello spogliatoio. “Allora
farai bene a scoprire in quale appartamento fossero. Io ho l’aereo per
Washington alle 11 e 10”, concluse chiudendogli la porta in faccia. Washington
DC National
Geographic Society & Explorers Hall ore
2:07 P.M.
Scully
sedette ad una delle scrivanie munite di computer. Osservò per qualche minuto
lo schermo con le varie icone e cominciò la sua ricerca.
Portò il cursore sull’immagine di un cagnolino con lente, pipa e berretto
alla Holmes. Una maschera azzurra apparve al centro del monitor. Scully inserì
il nome ‘Seth’, spinse ‘invio’ ed attese che la ricerca partisse.
Seth,
dio della Grande Enneade Eliopolitana, raffigurato con testa di asino (?) e associato al ‘caos’. A volte raffigurato come ‘ippopotamo’.
Fratello di Osiride, sposo di Nefty, figlio di Geb e Nut.
Contese l’Egitto a suo nipote Horus uscendone sconfitto. Benché
associato ad astuzie ed inganni e spesso visto come dio negativo dell’Enneade,
Seth ottenne grande rispetto e molti erano i culti a lui dedicati, soprattutto
nell’Alto Egitto (il sud) e all’epoca ramesside.
Dio
vendicativo, temuto, odiato e venerato. Una delle poche divinità capaci di
inveire contro l’Enneade: “[…] E Seth disse loro: Prenderò il mio
scettro di 4500 nemes e ucciderò uno di voi ogni giorno.”
Scully continuò a scorrere le informazioni che riguardavano questa oscura
divinità. Lentamente cominciò a supporre che il suo collega potesse avere
ragione. Qualcuno stava emulando gli antichi egizi nel nome di Seth. Ma a quale
scopo? Che la magia egizia potesse davvero riportare in vita una mummia di 3000
anni?
Enneade,
detta anche Ogdoade, era formata da nove divinità basilari: Atum, dio solare e primordiale;
Shu e Tefnut, aria e umidità; Geb
e Nut, terra e cielo; Osiride, Iside, Seth e Nefty,
rispettivamente il re dell’Aldilà, il trono d’Egitto, il caos
e la dea della bellezza. In alcune liste (Antico Regno) è posta prima di
Atum, la dea Nu, l’acqua primordiale. In altre (tardo Nuovo
Regno) è esclusa Nu, ma incorporato Horus…
Dana si tolse gli occhiali e si massaggiò la parte superiore del naso.
Stropicciò gli occhi affaticati dal poco riposo, dall’autopsia, dal viaggio e
da quel leggere incessante. Stava assimilando tante nozioni su un argomento a
dir poco complesso e per il quale era necessaria una laurea. Purtroppo il
professor Wallis Allen, su cui aveva fatto tanto affidamento, era partito da
qualche giorno per uno scavo in Egitto. Non aveva altra possibilità che
continuare a cercare qualcosa che ponesse definitivamente in relazione il furto
al Metropolitan con gli ‘omicidi sacri’.
Una
trasposizione del Capitolo IX del Libro dei Morti, risalente al Primo
Periodo Intermedio, recita: “O tu, Anima grande, possente e colma di
vigore! Eccomi! Io giungo! Io ti contemplo! Io ho varcato le Porte dell’Aldilà
per contemplare Seth il mio divino Padre! Al presente…”
Scully smise di leggere e fece scorrere velocemente lo sguardo sull’ultima
riga.
Papiro
Magico (Primo Periodo Intermedio), rinvenuto da Philip Antony nel
1952 ed ora custodito al Metropolitan di New York.
Ecco la prova che cercava. Forse la dottoressa Clem Antony non aveva a che fare
con gli omicidi, ma di certo lo era con il furto. O, molto probabilmente, con
entrambi gli avvenimenti come sosteneva Mulder.
Lesse rapidamente ciò che concerneva la famiglia Antony. Improvvisamente,
spense il terminale e, dirigendosi verso l’uscita, afferrò lo spolverino
cercando il suo cellulare. Compose il numero di Mulder in memoria;
nell’attesa, fece segno ad un taxi di fermarsi.
Era arrivata all’aeroporto, ma il cellulare di Mulder continuava a suonare a
vuoto. Scully spense il proprio, passò il ceck-in e s’imbarcò diretta a New
York. New
York City Sun
Motel ore
6:22 P.M.
La macchina di Mulder era nel parcheggio, la chiave della sua stanza non era in
portineria. Scully attraversò trafelata il porticato, girò a destra, salì le
scale e percorse il tratto del corridoio che portava alla stanza del suo
collega.
Bussò e, non ricevendo risposta, aprì la porta.
La stanza era in disordine. Il cuore di Scully, già eccitato per la corsa,
prese a battere freneticamente. Mulder doveva essersi dibattuto parecchio.
Scully, ansimante e ancora ferma sulla soglia, guardò lungo il corridoio fino
alle scale. Qualsiasi cosa fosse accaduta non doveva aver avuto testimoni.
Impugnò la sua pistola ed entrò. Socchiuse la porta con il piede e tenendo le
spalle alla parete si diresse verso il bagno. Spalancò la porta portando avanti
l’arma, pronta a sparare, ma era vuoto e non vi erano segni di colluttazione.
Ripose l’arma, respirò profondamente per riportare il battito ed il respiro
alla normalità. Notò il cellulare di Mulder sul pavimento accanto al letto,
insieme al telefono. Si chinò a raccoglierli. Digitò il numero del centralino
del distaccamento dell’FBI a New York per chiedere una squadra della
scientifica per i rilevamenti e denunciare la scomparsa del suo collega.
Non poteva allontanarsi, ma non poteva stare senza far nulla. Ispezionò la
stanza cercando di non contaminare eventuali indizi. Si accorse che lo spigolo
di uno dei comodini era macchiato di sangue. Probabilmente Mulder aveva urtato
nella colluttazione, o forse era il sangue dell’aggressore, o di uno degli
aggressori.
Sentì lo stridere dei freni di alcune auto nel parcheggio e si accinse ad
uscire per controllare se fossero dell’FBI, ma un luccichio, proveniente da un
piccolo oggetto sotto la tenda della finestra, attirò la sua attenzione. Scully
lo raccolse ed esaminò. Era un piccolo ciondolo a forma di rana. Era in oro, ma
di fattura antica. I suoi recenti studi sull’antico Egitto le rammentarono che
essa era associata alla resurrezione.
Gli uomini della scientifica entrarono. Lei mostrò loro il suo tesserino e
diede una spiegazione di quanto potesse essere accaduto. Vedendo le chiavi
dell’auto noleggiata da Mulder, le prese facendosi notare dal caposquadra ed
uscì.
Dana Scully era diretta al Metropolitan decisa a marcare stretta la dottoressa
Antony. Voleva delle risposte chiare da lei. Questa volta non si sarebbe fatta
sfibrare da risposte telegrafiche o informazioni imprecise.
Lasciò l’auto in sosta vietata, salì la scalinata d’un sol fiato e
raggiunse lo studio dell’egittologa.
“La dottoressa non c’è”, la informò un custode che l’aveva seguita
preoccupato.
Scully gli mostrò il tesserino per rassicurarlo. “Sa dove posso trovarla?”
“Se non è a casa, potrebbe essere alla villa.”
“Quale villa?” chiese quasi senza fiato.
“Quella degli Antony. A circa tre chilometri da New York sulla strada per
Stamford, Interstatale 95”, precisò il custode.
Scully ringraziò uscendo con la stessa rapidità e furia di quando era entrata.
Accanto alla sua auto, una pattuglia della polizia stradale sostava per
accertamenti.
“Dana Scully”, si presentò mostrando il tesserino. “Sono desolata, ma
sono in missione.”
“Questo non le…”
“Lo so, me ne rendo conto”, lo interruppe. “Ma il mio collega è stato
rapito e credo che sia in pericolo di vita”, continuò a spiegare sapendo di
perdere del tempo prezioso. New York Luogo
sconosciuto ore
8:03 P.M.
Il
tempio era illuminato da fiaccole a muro. Le divinità scrutavano dalle pareti e
dalle colonne i preparativi della grande cerimonia di resurrezione. Ai piedi
della grande statua di Seth vi erano tre sarcofagi. Quello centrale, conteneva
la mummia di Ptah-seth-ka.
Un miagolio echeggiò nella grande sala ipostila. Un drappello di sacerdoti entrò
in processione suonando sistri ed intonando una nenia. Seguaci di Seth seguivano
il corteo portando in spalla delle lettighe con due corpi. Il primo, quello di
Mulder, fu collocato nel sarcofago alla sinistra di Ptah-seth-ka; il secondo
corpo fu deposto in quello a destra.
Altri sacerdoti chiusero il corteo, mentre la nenia e la musica aumentarono di
tono. I fedeli seguaci di Seth s’inginocchiarono in adorazione, mentre dal
fondo della sala, la grande sacerdotessa face il suo ingresso.
Aiutata da alcuni sacerdoti, la dottoressa Antony, lavò la statua del dio Seth,
l’asciugò e depose ai suoi piedi delle vivande. Mentre la sacerdotessa si
rivolgeva ai seguaci presenti, uno dei suoi officianti poneva sul cuore di
Mulder una rana di bronzo.
“O miei diletti! Oggi si compie l’atto di resurrezione di uno dei grandi
maestri”, disse la sacerdotessa. “Oggi d’avanti a voi risorgerà il grande
Ptah-seth-ka per divenire mio sposo e garantire per l’eternità la vita del
grande padre Seth.” Interstatale
95 ore
8:57 P.M.
“Sì, signore. Ne sono consapevole”, affermò Scully durante la
conversazione telefonica con il vicedirettore Walter Skinner. “Sono certa che
la dottoressa Antony sia implicata negli ‘omicidi sacri’ e nel furto al
Metropolitan.”
“Ne è certa? Non si sarà fatta influenzare da Mulder?” domandò
preoccupato Skinner.
“Il nonno della dottoressa ha trovato la tomba di Ptah-seth-ka e diversi
oggetti e papiri legati in qualche modo al culto del dio Seth”, spiegò. “Da
diverse generazioni, gli Antony si tramandano la passione dell’egittologia. Ma
la dottoressa è la prima erede donna.”
“E cosa significa?” chiese sempre più confuso Walter Skinner.
“Io credo, signore, che l’egittologa sia una sacerdotessa, ma che per
continuare la tradizione di famiglia e officiare nel giusto modo il culto di
Seth, abbia bisogno di uno sposo degno del suo grado”, affermò Scully contro
ogni sua logica convinzione.
“Mi sta dicendo che vuole far resuscitare la mummia per sposarla?” chiese più
incredulo che mai il suo superiore.
Scully fece una smorfia a mo’ di sorriso. “So che sembra incredibile, ma
pare proprio di sì e la nona vittima è Mulder.”
“Nona?”
“Sì, signore. Hanno ucciso otto persone sinora, una al giorno. Una per ogni
divinità appartenente all’Enneade di Eliopoli”, tentò di spiegare Scully.
“Lasci perdere, agente Scully, tanto ho smesso di seguirla già da un pezzo.
Piuttosto, non faccia sciocchezze. Io mi assicurerò che i rinforzi arrivino
tempestivamente. Sia prudente”, concluse Skinner.
“Grazie, signore!” Scully mise fine alla comunicazione e si concentrò sulla
guida. New York Luogo
sconosciuto ore
9:11 P.M.
La
grande sacerdotessa di Seth si volse verso l’effige del dio allargando le
braccia. “Tu sei concepito, o Seth, per Geb; tu sei più illustre di lui, tu
sei più possente di lui. Non va in malora il seme di un dio. Non andrai tu in
malora. Non ti ha dato Atum a Osiride, egli non ha contato il tuo cuore, egli
non si è impadronito del tuo cuore. Non ti ha dato Atum a Horus, egli non ha
contato il tuo cuore, egli non si è impadronito del tuo cuore.” Si voltò
verso gli astanti e sollevò lo sguardo. “Osiride, tu non hai potere su di
lui! Horus, tu non hai potere su di lui! Non ha potere suo padre su di lui.”
Abbassò lo sguardo e le braccia, si voltò verso l’aiutante che le porgeva
una bacinella d’acqua e vi immerse le mani. New
York Villa
Antony ore
9:27 P.M.
Scully spense i fari parcheggiando accanto al muro di cinta. Lasciò l’auto,
impugnò la pistola e con cautela si diresse verso il cancello d’ingresso.
Le luci della villa di Epoca Vittoriana erano completamente spente, benché la
rotatoria del giardino fosse occupata da diverse autovetture.
Scully era decisa a continuare. Non poteva aspettare i rinforzi, Mulder aveva i
minuti contati. Avvertì un fruscio alle sue spalle e sobbalzò. Nell’oscurità
di un cespuglio qualcosa, o qualcuno, si muoveva furtivamente quasi quanto lei.
Il miagolio che ne derivò la tranquillizzò strappandole un sorriso. Tornò
seria e spinse lentamente il portone d’ingresso che con sua grande sorpresa
era aperto.
Una grande scalinata centrale portava al piano superiore, ma una strana musica
proveniva dal pavimento. Scully notò che il gatto era entrato e che proseguiva
a destra della scalinata. Decise di seguirlo. Nel
tempio
La sacerdotessa mostrò ai suoi seguaci il cuore ancora caldo della nona
vittima. Si voltò verso Seth. “O tu, Anima grande, possente e colma di
vigore! Eccomi! Io giungo! Io ti contemplo! Io ho varcato le porte dell’Aldilà
per contemplare Seth il mio divino Padre!” La sacerdotessa recitava la sua
preghiera, affinché l’anima di Ptah-seth-ka potesse risorgere dalle tenebre.
Scully era sul fondo della sala antistante quella ipostila, udiva la musica e le
parole in antico egiziano senza poterle comprendere. Avvicinandosi furtivamente
notò ciò che Clem Antony stringeva in mano e rabbrividì all’idea che
potesse essere il cuore di Mulder.
“Al presente ho fugato le tenebre che ti avvolgono, poiché io ti amo, Seth, e
vengo per contemplare il tuo volto. Io ho trafitto il cuore di Osiride; io ho
compiuto tutti i riti funebri per Seth, mio Padre.” Clem Antony continuava a
recitare a memoria la preghiera scritta sul papiro magico, mentre Scully si
avvicinava occultata dalle colonne.
Un’immensa luce cominciò a fuoriuscire dal sarcofago centrale. Come
posseduta, la sacerdotessa mutò la sua voce in quella maschile. “Io dischiudo
le vie in Cielo e sulla Terra, poiché io sono tuo figlio, Seth, che ti ama.
Eccomi divenuto Spirito puro e santificato”, disse la sacerdotessa
all’unisono con la luminescenza aleggiante sul sarcofago centrale. “Io sono
corazzato con Parole di Potenza. Dèi del vasto Cielo! Spiriti divini! Voi
tutti, osservatemi!”
Scully non credeva ai suoi occhi, né alle sue orecchie, ma soprattutto aveva
difficoltà a respirare. L’aria era intrisa di incensi e profumi inebrianti.
Scosse la testa con vigore. Strizzò gli occhi e s’impose l’attenzione.
Lo spirito proseguì la recita da solo, nell’ammirazione della sacerdotessa e
nel reverenziale silenzio dei presenti. “In verità! Io ho compiuto il mio
Viaggio e giungo innanzi a voi.”
Dall’esterno, e quasi ovattati, Scully udì provenire i suoni delle sirene e
il rotare delle pale degli elicotteri. I presenti erano troppo intenti a seguire
il rito di resurrezione per porvi attenzione. All’esterno
Gli
agenti dell’FBI saltarono dagli elicotteri ancora a mezz’aria che con i loro
grossi fari illuminavano a giorno l’intera villa. Con le armi in pugno ed i
giubbotti antiproiettile, gli uomini entrarono e seguendo i gesti del
caposquadra si divisero in gruppi per ispezionare l’interno dell’abitazione. Nel
tempio
La
luminescenza si spostò dal sarcofago centrale a quello di Mulder.
“O voi, Gerarchie Sovrane! Ecco che, seguita dal defunto, io vengo a voi!”
recitò la sacerdotessa affiancando il sarcofago di Mulder.
“Che il potere della mia bocca mi sia restituito”, ordinò il Ka.
“Possa Ptah aprire la tua bocca!” sentenziò la sacerdotessa versando
dell’acqua sulle labbra di Mulder.
Il gatto si avvicinò al suo padrone. L’uomo ebbe un tentennamento, come
poteva essere lì? Era certo d’averlo lasciato in giardino.
I passi degli agenti dell’FBI si fecero sempre più vicini. Scully riuscì ad
udirne persino il bisbiglio. Forse poteva fermare la cerimonia, poteva ancora
salvare una vita. E Dana Scully poteva solo sperare che fosse quella di Mulder.
Uscì di scatto allo scoperto tenendo le spalle alla colonna e puntando l’arma
sulla sacerdotessa: “FBI, fermi e mani sopra la testa.”
Il Ka non s’impressionò. I sacerdoti ed i seguaci di Seth s’alzarono
impugnando lance, bastoni e lunghi pugnali, tentando di difendere i loro
maestri. L’egittologa strinse i pugni dalla rabbia, ma, nonostante il caos in
sala, era decisa a procedere.
“Che il mio Nome mi sia restituito”, ordinò il Ka.
“Kebeb hi ti ti bi ti. Ptah-seth-ka figlio di Hifget: questo è il tuo
nome”, disse la sacerdotessa nello stupore generale.
Scully si spostò verso la sacerdotessa. “Mani sulla testa”, le intimò.
La sacerdotessa sosteneva il suo sguardo con fierezza.
“Possa il mio cuore ‘ib’ ritrovarsi al suo posto! Possa il mio cuore
‘hati’ ritrovarsi al suo posto!” chiese ancora il Ka.
La sacerdotessa sollevò dal corpo di Mulder la rana di bronzo e la pose sul
cuore della mummia continuando con lo sguardo a sfidare Scully. “Che il tuo
cuore dimori in pace con te!”
Scully era giunta a un passo da lei e le puntava l’arma in faccia. Con la coda
dell’occhio vide che Mulder era nel sarcofago accanto e, non avendo incisioni
corporali, ne dedusse che fosse vivo. Qualcosa, però, le irrigidì
improvvisamente le braccia. Gliele appesantì.
Sollevò con fatica lo sguardo. I suoi occhi lacrimavano e la vista era
annebbiata. Sopra di lei aleggiava lo spirito di Ptah-seth-ka. L’arma cadde a
terra liquefacendosi. Un caldo improvviso si diffuse per tutto il tempio. Gli
agenti si sentirono soffocare e, questo, pose in vantaggio i sacerdoti ed i
seguaci. La sacerdotessa approfittò della distrazione di Scully per affiancare
la statua di Seth. Aveva tutte le intenzioni di portare a termine il rituale.
Scully era come paralizzata mentre il Ka si distendeva sul corpo di Mulder.
Forse, finalmente, aveva capito. Non era la mummia a risvegliarsi, ma la sua
anima a reincarnarsi. Ed il corpo prescelto era quello di Mulder. Scully non
poteva contare sugli agenti, erano in difficoltà, nonostante fossero meglio
armati ed addestrati. I rinforzi aumentavano a vista d’occhio, ma il caldo
soffocante e l’aria intrisa d’incensi lavoravano a loro sfavore.
“Io sono l’oggi. Io sono lo ieri. Io sono il domani. Attraverso le mie
numerose nascite io sussisto giovane e vigoroso”, recitava il Ka, mentre
la sacerdotessa ai piedi della statua di Seth mescolava qualcosa in una ciotola.
Scully, nuovamente libera nei movimenti, si guardò attorno per cercare qualcosa
da utilizzare come arma. Vide la rana di bronzo sulla mummia, la prese e la
scagliò contro la sacerdotessa.
Clem Antony si alzò come una furia, mentre un rivolo di sangue le scorreva
dalla fronte lungo il viso. Digrignò i denti ed invocando la grande Iside emise
un incantesimo contro Scully: “Degli spiriti possenti sono in mio potere,
poiché i miei incantesimi magici valgono per milioni”, urlò lanciandole la
ciotola.
Scully schivò l’oggetto gettandosi a terra, afferrò il pugnale
celebrativo lì accanto e brandendolo come una spada lo frappose tra sé e
l’egittologa.
“In verità, io sono il Signore di Duat, per tutta l’Eternità”, continuò
la sacerdotessa.
“Non ho idea di quello che stai dicendo, ma una cosa è certa: ora mi hai
proprio stancata”, disse Scully gettandosi su di lei atterrandola e colpendola
alla tempia con l’impugnatura.
Dal sarcofago di Mulder si levò un grido straziante e l’immensa luce del Ka
si diffuse in tutto il tempio. Scully protesse invano i suoi occhi restando
accecata da quel bagliore, così come ne furono accecati gli agenti ed i
sacerdoti.
Il gatto ridusse ad una fessura i suoi occhi restando a guardare qualcosa che
non avrebbe compreso. Che nessun essere vivente avrebbe potuto comprendere.
“O tu, Spirito che divori il tuo braccio, allontanati dal mio cammino! Poiché
io sono Ra che si leva in Cielo contro i suoi nemici!”
Scully sentiva ancora quell’antico gergo senza comprenderne una sola parola e
lentamente non sentì più nulla. Washington
DC Quartier
Generale del FBI ore
9:33 A.M., alcuni giorni dopo
Walter
Skinner chiuse il fascicolo denominato ‘File X-2378 E’ e guardò i suoi
agenti. Mulder aveva il braccio poggiato sulle gambe accavallate e si
mordicchiava il pollice. Scully guardava Skinner come se stesse aspettando una
sentenza di morte.
“Cosa crede sia accaduto, agente Scully?” domandò in fine il vicedirettore.
“Sinceramente non lo so. Posso solo supporre che alcuni sacerdoti abbiano
aiutato la dottoressa Antony a fuggire, ma…” Scully si aggiustò una ciocca.
“Ma non sono in grado di spiegare quanto è accaduto.”
“Crede possa essere stata un’allucinazione collettiva?” chiese Skinner.
“Come ho scritto nel rapporto. L’aria del tempio era rarefatta e ricca di
incensi di dubbia natura, non possiamo escludere che alcune delle erbe bruciate
fossero delle droghe o degli allucinogeni”, concluse.
“Sì… Ho letto delle analisi chimiche che ha richiesto ed i loro risultati.
Solo… Mi aspettavo dell’altro.”
“Non credo vi sia altro”, affermò Scully, stroncando ogni altra possibile
domanda.
Skinner non indagò oltre. Congedò i suoi due agenti ed aprì un nuovo
fascicolo.
“Credi davvero che sia stata solo un’allucinazione?” domandò Mulder
mentre si avviavano all’ascensore.
“Cosa poteva essere altrimenti?” chiese Scully con il solito scetticismo.
“Il Ka. L’anima del defunto Ptah-seth-ka.”
“Mulder, non so cosa fosse, ma prima di fare un’affermazione ho bisogno di
prove tangibili. I nostri colleghi di New York non sono in grado di ricordare e
quel poco che ricordo io non è sufficiente a supportare la tua tesi.”
“Dannazione, Scully! Come puoi ancora negare l’evidenza? Era un’anima. Sei
cattolica, dovresti credere almeno in questo.”
“La mia fede non ha a che vedere con quanto è accaduto. Ed anima o non anima,
qualsiasi cosa fosse. Ora non esiste più.” Abido,
Egitto Tempio
di Seti I ore
5:35 P.M.
Coperta da una galabeja, Clem Antony accarezzava un gatto contemplando il tramonto attraverso la porta della Cappella di Seth.
“E’ giunta l’ora, mia signora”, l’esortò un seguace.
“Vengo”, rispose lanciando un ultimo sguardo all’orizzonte infuocato. Baciò
il gatto sulla testa e gli sussurrò: “Pazienta, mio Ptah-seth-ka! Pazienta!
Presto lascerai questo corpo per rinascere come sposo al mio fianco.” |
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