L'Horror Saga prosegue con l'ennesimo sequel.
Di C. Imelda Antonicelli
TREMATE! TREMATE! SAMARA È TORNATA.
Nel 1998, il giapponese Hideo Nakata ha imposto sulla scena del cinema asiatico un genere che si differenzia dai tradizionali film del terrore, in quanto basato più sulla storia e sui personaggi che non sugli effetti speciali.
Tratto da una serie di romanzi dell’orrore dello scrittore Koji Suzuki, Ringu (pronuncia giapponese dovuta alla traslitterazione in ideogrammi katakana) è diventato il film di maggior incasso nella storia del cinema giapponese.
A seguito del successo internazionale di Ringu, Walter F. Parkers e Laurie MacDonald hanno prodotto la versione americana The Ring, che vede Naomi Watts protagonista di un maledetto videotape che condanna chiunque lo guardi a morte entro sette giorni.
Il primo film, uscito nelle sale nel 2002, aveva il pregio della novità, ma
il suo successo si basò più sul fenomeno, che sul reale merito della
sceneggiatura e della regia.
L’impatto è stato comunque rilevante, tanto da
spingere i produttori americani a tentare il bis.
Per il seguito, The Ring
2, è stata richiesta la regia dell’ideatore della serie originale, Hideo
Nakata. Ma, se il primo film, dal punto di vista visivo, aveva qualche pregio,
la regia di Nakata non porta la storia più avanti delle sue premesse,
trasformando i punti di forza in cliché.
Sei mesi dopo i drammatici fatti narrati nel primo episodio, lo spettro di Samara torna a colpire Rachel (Naomi Watts) e suo figlio Aidan. Trasferitasi ad Astoria, in una piccola cittadina dell'Oregon, Rachel cerca di dimenticare (e far dimenticare al piccolo) i terribili avvenimenti del film precedente e iniziare una nuova vita. Diventata cronista per il giornale locale, Rachel scopre che il malefico videotape è giunto sin lì. Stavolta, però, Samara sembra avere sviluppato nuovi poteri. Quando Aidan è lasciato insieme ad un amico giornalista della madre, il crudele spettro lo raggiunge nella vasca da bagno dando vita all’unica sequenza di qualche pregio. La psicologa del pronto soccorso dove il bambino viene ricoverato, vedendo i lividi sul corpicino, accusa la giornalista di violenza nei confronti del figlio. A questo punto Rachel (allontanata di forza dal figlio) torna a Seattle e indaga nuovamente sul passato di Samara cercandone le origini.
Il film parte con il sottinteso che lo spettatore abbia visto il primo film. Infatti, non si spiega come e perché il videotape uccida e perché, se mostrato ad altri prima dello scadere del settimo giorno, ci si può salvare. Rachel e Aidan non vengono presentati, né si spiega come lei sappia tante cose su Samara e sulla strana morte di un ragazzo di Astoria.
I personaggi sono abbozzati, stanchi, stiracchiati su una sceneggiatura senza
colpi di scena e che fa acqua da tutte le parti, schermo compreso.
In questo
secondo capitolo ad uccidere, più che Samara, è la noia.