Mezzo noir, mezzo thriller, con qualche spruzzata di comicità: ecco il nuovo film dei Manetti Bros, che mescola il tema da pellicola americana allo humour di un cast tutto nostrano.
di Imelda Antonicelli
Titolo a doppio senso quello dell’ultima fatica dei Manetti Bros. Piano 17 come quello
a cui deve arrivare l’ascensore in cui sono bloccate tre persone: un fuorilegge
con una bomba innescata, una segretaria di direzione e un impiegato; ma anche il
diciassettesimo piano, quello “estremo”, l’ultima possibilità.
La trama parte da un’idea piuttosto ordinaria: una banda di delinquenti deve portare a termine un “lavoro” ad ogni costo, ma si sviluppa in modo gradevole sia dal punto di vista narrativo che da quello registico.
La storia è di base un thriller, ma presenta anche delle pennellate ora
comiche, ora drammatiche, che non guastano e, anzi, la rendono viva,
interessante ed in parte originale.
Singolare, anche se non innovativo, è il
meccanismo con cui i registi costruiscono la vicenda, mettendo a confronto
alcuni punti salienti, cambiandone i punti di vista e giocando con continui
flashback e rimandi narrativi, il tutto con uno stile da videoclip.
Molto bravi i tre protagonisti, Giampaolo Morelli, Enrico Silvestrin e Giuseppe Soleri, segno che i Manetti Bros hanno saputo dirigere gli interpreti del loro thriller all’italiana, mentre Elisabetta Rocchetti risulta a tratti stucchevole (per essere buoni). Divertenti i cammei di Valerio Mastandrea, nel ruolo di un venditore napoletano, che si intrecciano con le gag legate al personaggio di Borgia (Antonino Iuorio), la cui frase più mitica è: “... qui deve esserci una colonia di profughi napoletani.”
Bella la colonna sonora, bella la fotografia, ma una nota stonata c’è: il finale. E’ un po’ sottotono, e anche un po’ scontato, la sua pecca maggiore è che scivola in un sentimentalismo eccessivo, rischiando pericolosamente di risultare patetico.
Posted by Luca Gianneramo at 03.03.06 11:12 | TrackBack